“Le cose migliori e più belle di questo mondo non possono essere viste e nemmeno toccate. Devono essere sentite col cuore.” H.K.
E’ sorprendente come a tante persone il significato della parola “Empatia” risulti sconosciuto; forse è qualcosa di simile alla simpatia? All’apatia? O all’omeopatia? Questo porta a riflettere sul fatto che se poche persone ne conoscono il significato, vuol dire che poche persone la vivono nella loro quotidianità.L’empatia è la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni e i sentimenti altrui. Non solo è dispiacersi per l’altro, se questo mostra di essere triste, ma comprenderlo. In parole semplici è mettersi nei panni dell’altro, il che è molto più facile a dirsi che a farsi.
Difficile perché viviamo in una cultura in cui l’attenzione per il proprio Ego prevale sull’ importanza del preoccuparsi degli altri: spesso si manifesta il giudizio: risulta più facile criticare l’altro. In questo modo tutte le nostre scelte diventano “migliori” e ovviamente ci sentiamo più bravi, più capaci e questo apparentemente ci fa stare bene; in realtà ci sentiremmo molto meglio se avessimo intorno a noi persone che ci sostengono, a cui mostrare le nostre fragilità e la nostra empatia reciproca.
Matthew Lieberman, studioso di neuroscienze sociali e cognitive dice che in noi è innato un “cervello sociale”, un’area del cervello che si attiva quando siamo coinvolti in interazioni sociali, questa rete neuronale ci porta a pensare alla mente delle altre persone, ai loro pensieri, alle loro emozioni, promuovendo così l’empatia e la cooperazione. Di conseguenza sembra che l’uomo libero di scegliere prediliga la cooperazione, ricevendo piacere dal benessere altrui più che dal proprio; questo potrebbe essere il segreto della felicità, da tempo dimenticato…
L’empatia è innata in tutti gli animali fin da piccoli; da un punto di vista evolutivo, è un istinto prezioso che ci ha aiutato nella sopravvivenza, rimasto poi per molti sopito, ma facilmente possiamo riappropriarcene.
L’empatia si sviluppa nell’ infanzia grazie al rapporto madre-bambino: il bambino impara a sintonizzarsi sulle emozioni della madre, e poi col tempo su quelle di altre persone. I genitori hanno una grande responsabilità: sono il principale esempio di empatia e devono esercitarsi loro stessi nell’ essere empatici. Imparando a capire gli altri invece di criticarli: c’è differenza tra il giudizio e il cercare un motivo per difendere l’altro mettendosi nei suoi panni. E’ importante aiutare i propri figli a capire le emozioni degli altri e nel contempo a comprendere le proprie; e poi cercate di ascoltare di più e non abbiate paura di mostrarvi vulnerabili, è, anzi, il primo passo per mettersi in contatto con l’altro.
Infine, ci sono studi che dimostrano che leggere ai bambini aumenta il livello di empatia, non solo libri divertenti, ma libri che tocchino la vasta gamma di emozioni, incluse quelle spiacevoli e negative: affrontare la realtà in modo che i bambini la possano gestire risulta comunque autentico e utile per migliorare la loro capacità empatica.
Monica Cerruti
Psicologa Psicoterapeuta