Qualche mese fa è giunta nel mio studio una signora sulla sessantina, di bella presenza, un po’ trascurata, dal suo viso traspariva una profonda stanchezza. Una volta accomodata sulla poltrona, mi racconta:
“Dottoressa, in realtà non so bene il motivo per cui sono qui! Nel senso che lei è proprio la mia “ultima spiaggia”.
Da quasi dieci anni avverto forti dolori addominali durante la notte, come se mi tirassero le viscere, a volte con una camomilla e un antispasmo riesco a calmarli, altre volte no. Sono andata dal mio medico, dallo specialista, da due luminari della gastroenterologia; ho fatto tutti gli esami che mi sono stati prescritti, mi è stato diagnosticato un colon irritabile, ma non riconducibile a dolori così forti. Quindi, sono passata alla nutrizionista, ho seguito ogni tipo di dieta, all’inizio sembrava meglio, ma poi sono tornati. Mi sono rivolta anche al naturapata e ho fatto l’agopuntura, ma non ho avuto nessun risultato.
Il mio medico curante,visto l’esito degli esami, mi ha detto che la causa andava ricercata altrove, mi ha consigliato di vedere uno psicologo ed eventualmente uno psichiatra.
Guardi dottoressa, le confesso che mi sono arrabbiata moltissimo, gli ho detto che non mi credeva allora, che ero per lui una malata immaginaria, forse una pazza! Sono andata via sbattendo la porta.
Mi scusi dottoressa, io sarò anche ignorante, ma che centra avere dolori alla pancia con la mia testa! Mica me li invento questi dolori!
Non ne posso più: dormo poco, non ho più voglia di fare niente: uscire con le amiche, vedere le mie figlie, i miei nipoti.
Mio marito, dice che forse il dottore ha ragione, quindi anche per lui sono una bugiarda! Mi ha proposto una vacanza, ma come faccio a godermela?!
…ho notato che prendendo qualche gocciolina di ansiolitici, appena avverto i dolori, sto meglio, non tanto, ma un po’… alla fine mi sono decisa, ho cercato una psicologa ed ecco che oggi sono qui da lei. Ma non è che ci credo molto che con lei troverò una soluzione, no, non ci credo!“.
La signora L., così la chiamerò per questione di privacy, è una delle tante persone che si è trovata a dover affrontare nella sua vita un disturbo psicosomatico. Un disturbo che riporta una sintomatologia fisica ben percettibile, a volte anche visibile, ma che, ad un attento esame clinico e medico, non riporta alcuna anomalia.
Ecco quindi, che un attento medico curante ha invitato la signora L. a vedere uno psicologo, senza spiegare, però, bene le motivazioni. Questo ha fatto arrabbiare L. che si è sentita non creduta, non capita, demoralizzata e sola.
Per molte persone sarebbe meglio trovare alla base della sintomatologia un riscontro fisico, un farmaco indicato e una prognosi favorevole o sfavorevole che sia.
Questo significherebbe ignorare la complessità dell’essere umano e la nuova visione medica multifattoriale secondo la quale ogni evento legato all’organismo è conseguente all’intrecciarsi di molti fattori, tra i quali sta assumendo sempre maggior importanza il fattore psicologico.
Fare un po’ di chiarezza su cosa sia il disturbo psicosomatico e da dove abbia origine, può aiutare le persone a non sentirsi non capite e abbandonate nel loro disagio, che c’è realmente e questo non può essere messo in dubbio. Ad orientarsi nel come procedere: decidendo di scegliere un percorso psicologico, dopo aver escluso con adeguati esami ogni riscontro fisico.
Mai come oggi, in una quotidianità frenetica ed instancabile, sperimentiamo come le emozioni comunichino e condizionino il nostro corpo.
A chi non è capitato di digerire male sotto stress, ad alcuni la rabbia crea acidità di stomaco, ad altri ancora quando cambiano abitudini accusano il mal di testa. Tutti siamo soggetti, in grado diverso, a processi in cui la mente e le emozioni influenzano il nostro corpo.
Per alcuni si parla di disturbo psicosomatico, in cui si viene a realizzare un vero e proprio stato di malattia d’organo con segni indiscutibili di lesione, ma le cause non sono riconducibili ad anomalie organiche, qualsiasi esame clinico le ha escluse.
Sono molti i disturbi che possono essere diagnosticati come psicosomatici; i più comuni sono disturbi a carico dell’ apparato cardio-circolatorio: l’ipertensione arteriosa; a carico dell’apparato respiratorio come l’asma bronchiale; a carico dell’apparato digerente come la colite ulcerosa, l’ulcera gastro-duodenale; a carico della pelle come l’eczema, la psoriasi, la dermatite atopica e molte altre sintomatologie.
Fermo restando che se sono presenti lesioni, queste devono essere monitorate da un medico; la presa in carico del disturbo psicosomatico deve avvenire attraverso una rete di professionisti che includono il medico e/o specialista, lo psicologo/ psicoterapeuta, se necessario uno psichiatra in una visione che tenga conto degli elementi biologici, psichici e anche sociali del disagio.
Partendo sempre da questa visione olistica, è importante dire che la “malattia”, per quanto dolorosa e sofferta, costituisce un momento fondamentale del vivere individuale, un campanello d’allarme, un’occasione di spezzare lo stato di cose precedente,e di creare lo spazio per ricrearne un altro più adatto al presente. Il problema, per noi che la viviamo sulla nostra pelle, è che la crisi/”malattia” ci precipita nel disagio, senza darci suggerimenti diretti e leggibili sui cambiamenti da fare per stare bene.
L’organo o l’apparato che viene colpito sono le parti di noi più deboli, più bisognose di essere rinforzate e sono collegate a funzioni primarie dell’essere umano che rappresentano il suo modo di essere al mondo.
Spesso l’ansia, la sofferenza, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel corpo (il disturbo): le persone che soffrono di un disturbo psicosomatico difficilmente riferiscono emozioni quali rabbia, paura, delusione, scontentezza, insoddisfazione; spesso hanno difficoltà ad accedere al loro mondo emotivo.
La persona che porta in terapia un disturbo psicosomatico, come la signora L., con l’aiuto del professionista può iniziare a lavorare sulla presa di consapevolezza delle proprie emozioni, dando loro un nome. Può iniziare un percorso per riconoscere e valutare il proprio modo di essere al mondo, cercando in questo modo di creare un nuovo equilibrio. Così lavorando sulla psichè potrà agire anche sul corpo, sull’origine del disturbo e conseguentemente sul disturbo stesso.
Monica Cerruti
psicologa psicoterapeuta